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Goodbye Pork Pie Hat

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di Antonello Anzani Bluesman

GOODBYE PORK PIE HAT. Pensieri tristi attraversano la notte. Una settimana di alti e bassi nel privato e nella vita pubblica. Notizie che si rincorrono: la morte di Gigi, le elezioni americane, zona rossa si zona rossa no, Stefano d’Orazio, mila morti. Progetti e sogni rimandati ancora. Indignazione, protesta e po stasera un altro amico se n’è andato, un artista, un musicista. Raffaele “Rafele” Borretti, jazzista per amore, Maestro per attitudine. Da poco, fra un lockdown e l’altro ci eravamo parlati come raramente ci capitava di fare, con un po’ di tempo, senza fretta. Progetti, idee, ci sentiamo. Questa volta il tempo di fare qualcosa non c’è stato e “neanche quello di salutarti, Rafè”. Lo faccio da qui ricordando le sere nel tuo magazzino-studio, le tue eccentricità, i viaggi in macchina, soprattutto i ritorni: tu, io, il tuo piano elettrico (sul sedile posteriore), l’amplificazione Bose (che solo io e te potevamo caricare in macchina) nel bagagliaio della tua Mercedes dal colore indefinibile.

Non portavi qualcuno in macchina con te volentieri, mi raccontasti dell’incidente  spaventoso alla base di quella mania. Gli incubi rimasti. Tanto forte che tua moglie ti seguiva con la sua 128, sempre, i più la prendevano per la tua ennesima eccentricità. Io ebbi l’accesso e viaggiavo con te. Il Cosenza Jazz Workshop, estate 1982. Una sera, per caso accompagnai Leon Pantarei che già suonava con il CJW, avevate qualche difficoltà con i suoni e Leon mi propose per aiutarvi, da lì mi volesti con voi come fonico per tutta l’estate. Avevo ventun’anni e mille sogni in testa. Mi spiegasti un mondo di cose in quei viaggi, sugli studi di registrazione, il suono, il jazz, l’America.

Poi la vita ci condusse su percorsi diversi, le tue vicende figlie del tuo carattere ti allontanarono, ma vederti è sempre stata una festa. Il tempo di un saluto e, di nuovo complice, mi sussurravi una delle tue battute caustiche prima di metterti a suonare. Ne avevi sempre per qualcuno. Il tuo studio magazzino, la collezione infinita di Lp, il banco “valvolare 8 piste”, enorme e pesantissimo, preso in uno studio RCA di New York, il camice bianco come avevi imparato in quegli studi e che ritrovai a Roma in via Tiburtina, in altri studi RCA. Ci vedevamo poco ma averti conosciuto ha riempito la mia vita di bei ricordi. Continuerò a guardarmi intorno in attesa che ti palesi e con la tua voce, quasi un sussurro, mi dica “bluesman, cumu jamo?”. Un abbraccio. Ciao Rafè.