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Gianluca Di Marzio e il rapporto speciale con Diego

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Le lacrime di Gianluca Di Marzio in diretta tv il giorno della morte di Maradona hanno toccato il cuore di tanta gente. Il giornalista di Sky Sport è cresciuto con con il mito del Pibe de Oro. Abbiamo deciso di pubblicare il ricordo di Gianluca perché ha parlato di questo rapporto speciale con Diego. Un ricordo che coinvolge il padre Gianni, la maglia numero 10 del Napoli avuta in regalo e il sogno professionale di intervistarlo. Ecco il suo racconto pubblicato su Sky Sport.

Mio padre andò a casa di Maradona a Villa Fiorito. Nel 1978 allenava il Napoli ci fu questa segnalazione di Settimio Aloisio, che era presidente dell’Argentinos Juniors ed era calabrese, molto legato alla Calabria, e mio padre aveva allenato il Catanzaro. “Ti devo far vedere questo ragazzo, è fortissimo” disse. Era un giocatore di cui già si parlava in Argentina, era stato pre convocato nei 40 per il Mondiale, e Maradona era arrabbiatissimo per non essere stato inserito nella lista definitiva. Mio padre non voleva incontrare Settimio Aloisio, ma lui si presentò in albergo con champagne e fiori. “Ho organizzato una partita solo per fartelo vedere”. Ma Diego non c’era al campo, era ancora arrabbiato per la mancata convocazione, e andarono a prenderlo a casa. Quindi mio padre è stato a Villa Fiorito, ha visto la casa dove abitava, si ricorda la povertà nella quale viveva nel 1978 Diego Armando Maradona. Alla fine lo costrinsero (perché Diego è testardo) e dopo un quarto d’ora mio padre si accorse subito di essere di fronte a un fenomeno. Lo fece uscire dal campo e gli fece firmare un bigliettino con la carta intestata dell’albergo con la firma per il Napoli. Poi lo mandò a comprare le sigarette. “Ma papà puoi aver mai mandato Maradona a comprarti le sigarette? Hai fatto bene a smettere di fumare, perché non poteva comprarti le sigarette Maradona”. Maradona si era attaccato a lui, con il sogno di giocare al Napoli. Aveva pochi vestiti, quando mio padre tornò in Italia gli mandò un pacco di vestiti e la maglia del Napoli. Poi Diego non arrivò a Napoli perché le frontiere erano chiuse, si doveva parcheggiare e Ferlaino non volle fare quell’investimento. Poi lo fece anni più tardi, molto più oneroso. Però poi quando mio padre rivide Maradona gli disse: “Io ti ho mandato tante maglie, una tua a mio figlio la devi dare”. Diego mi diede la sua, io faccio collezione delle divise, ma vi assicuro che una maglia così profumata come quella di Maradona non l’ho mai avuta. Dopo che aveva giocato quella partita, era zuppa, non era sudata, era bagnata come se fosse stata messa in una piscina. Però era profumatissima, come se lui prima di scendere in campo si fosse buttato il profumo addosso: o perché gli dispiaceva far sentire l’odore del suo sudore, o perché voleva far sentire agli avversari che la sua maglia profumava. Non lo so, ma io ho ricevuto centinaia di maglie dei calciatori, ma nessuna profumata come quella di Maradona. 

“Il mio sogno di intervistare Maradona”. Ho pensato al giorno più bello della mia vita professionale. Io chiedevo di potere intervistare Maradona una volta, era il mio sogno. Ero a Parigi nel 2016 per gli Europei e Diego era ospite della partita inaugurale. Io ero in contatto con Stefano Ceci, il suo manager fino all’ultimo. Io gli dissi: “Stefano io lo voglio intervistare una volta nella mia vita. Per favore dimmi dove va a mangiare Diego, sicuramente andrà a mangiare da qualche parte dopo la partita, io mi faccio trovare lì, gli voglio rubare soltanto un minuto”. Lui mi rispose: “Ti faccio sapere”. Ma mi avvisò subito: “Guarda che però allo stadio mangia una cosa, ne beve un’altra…bastano due bicchieri di vino e Diego non riesce più a essere lucido. Rischiamo di fare una brutta figura, Diego e tu. Diego vuole essere lucido quando parla, soprattutto in un’intervista in diretta in Italia”. Alla fine mi dà il nome del ristorante, io mi metto ad aspettare come un bambino. Ma Stefano continuava a dirmi: “Non ti prometto niente, quando vedi il van buttati, non è detto che lui si fermi, non ti prometto niente”. Io mi ricordo l’arrivo del van, si apre e io vado lì e gli dico: “Diego, Sono il figlio di Gianni Di Marzio”. Lui si fermò subito, disse: “Certo”. Gli toccò pure aspettare due minuti, perché in onda c’erano gli highlights. Ha aspettato con l’auricolare, poi è stato 20 minuti in collegamento, con Billy Costacurta, Marocchi. Fu una diretta lunga, il momento più bello della mia vita professionale.